venerdì 4 dicembre 2015

» Odissea

Achille morente assistito da Patroclo

"Noi, prole invitta degli Achei, patimmo,
O quando erranti per le torbid'onde
Ce ne andavam sovra le navi in traccia
Di preda, ovunque ci guidasse Achille;
O allor che pugnavam sotto le mura
Della cittade alta di Priamo, dove
Grecia quasi d'eroi spenta rimase.
Là cadde Achille, e il marzïale Aiace,
Là Patroclo, nel senno ai dèi vicino;
Quell'Antiloco là, forte e gentile,
Mio diletto figliuol, che abil del pari
La mano ebbe ai conflitti, e al corso il piede.
Se tu, queste sciagure ed altre assai
Per ascoltar, sino al quint'anno e sesto
Qui t'indugiassi, dalla noia oppresso.
Leveresti di nuovo in mar le vele,
Ch'io non sarei del mio racconto a riva.
Nove anni, offese macchinando, a Troia,
Ci travagliammo intorno; e, benché ogni arte
Vi si adoprasse, d'espugnarla Giove
Ci consentì nel decimo a fatica."


Come citazione d'imperfezione nell' Odissea ho scelto questo passo che cita la morte di Achille a Ilio poiché Achille simboleggia, a mio avviso, l'eroe imperfetto.
Figlio di Peleo e Teti fu immerso dalla madre nello Stige per renderlo immortale come gli Dei ma reggendolo per il tallone tralasciò quella piccola parte del piede, ancora mortale; nella guerra di Troia egli cadde colpito, appunto, da una freccia, scoccata dal pavido Paride, che gli attraversò il tallone da parte a parte. 

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